Stipendi e TFR

Il datore di lavoro non paga gli stipendi o il TFR. Guida per il dipendente

Il datore di lavoro non mi paga da parecchio tempo, cosa posso fare? Mi sono dimesso (o mi hanno licenziato) e non mi pagano gli ultimi stipendi arretrati e il TFR, ho bisogno di aiuto

Tutti i lavoratori hanno diritto a percepire i compensi (stipendi) e tutte le voci accessorie dovute per legge e per contratto, ad esempio, in base ai casi: assegni familiari quando chiesti e se ci sono i requisti, eventuali ROL (riduzione dell'orario di lavoro) e ferie non godute, salario orario rispondente al minimo da CCNL, etc.

Se il datore di lavoro attuale o passato non paga più o non salda quanto dovuto (es. per il TFR) si consiglia di rivolgersi ad un legale.

In linea di massima, il tetto delle morosità datoriali diventa cronico con il superamento delle 6/7 mensilità non corrisposte. A quel punto, non è davvero più il caso di aspettare, bisogna agire per il recupero del credito e, se ci sono i presupposti, anche di presentare istanza di fallimento. È importante muoversi prima che sia troppo tardi per farsi riconoscere tutti gli stipendi arretrati ed il TFR.

Nei paragrafi successivi si approfondiscono i rischi di un'attesa prolungata e di un'azione non tempestiva, nonché di alcune azioni che magari eseguiamo senza pensarci troppo all'atto della consegna dei cedolini paga.

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Consigli utili e cose da NON FARE

Ecco alcuni consigli che possono tornarvi utili, si tratta di due cose da NON fare assolutamente:

  • MAI quietanzare la busta paga - Se non vieni pagato, mai firmare "per quietanza" la busta paga. Altrimenti rischi di rinunciare ai Tuoi diritti senza saperlo. Firma "per quietanza" o per "ricevuta di pagamento" o "conferma di pagamento" solo quando e se vieni pagato.

    Pertanto, se per la busta paga ti viene pagato solo un acconto o Ti viene detto che seguirà bonifico o pagamento in un secondo momento, MAI sottoscrivere il cedolino sotto alla dicitura "per ricevuta e quietanza". Se invece nel cedolino è presente solo la dicitura "per ricevuta" si può apporre la propria firma.

    Qualora il datore di lavoro, o i suoi incaricati, insistano per far apporre una firma, negando altrimenti la consegna della busta paga, è sempre opportuno aggiungere di proprio pugno, in calce allo stesso, la dicitura "per ricevuta del solo cedolino".

    Se invece si firmasse per quietanza pur non avendo ricevuto i soldi, si avrebbe lo spiacevole effetto di rinunciare ai propri diritti: la sottoscrizione varrebbe come riconoscimento di aver ricevuto il pagamento e per dimostrare il contrario servirebbe una causa ordinaria, con inversione dell'onere della prova ed esito incerto.

  • MAI far decorrere la prescrizione. Il diritto alla retribuzione si prescrive nel termine di 5 anni dalla fine del rapporto di lavoro; durante il rapporto (in certi casi), la prescrizione resta sospesa: il legilatore vuole tutelare il lavoratore, generalmente in una condizione di inferiorità rispetto al suo datore di lavoro, evitando che possa essere psicologicamente pressato dal timore di subire ritorsioni quando agisce per tutelare i propri interessi.

    Per interrompere la prescrizione è opportuno inviare una lettera di messa in mora (anche a mezzo PEC), precisando che viene spedita anche al fine di interrompere la decorrente prescrizione. Puoi anche farlo fare all'avvocato, chiedi informazioni.

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In quali casi il datore di lavoro può non pagarmi?

Quando c’è un contratto di lavoro dipendente (e possibilmente anche le buste paga), ricorrendo certi presupposti interviene - in ultima battuta - anche lo Stato, che riconosce (tramite l'INPS) di norma gli ultimi tre stipendi e il TFR.
Qui è possibile approfondire l'argomento fondo di garanzia del TFR e dei crediti di lavoro direttamente sul sito dell'INPS.

Anche se il datore di lavoro fallisce o è insolvente (seguendo le corrette procedure e dovendosi prima valutare caso per caso) spesso è possibile recuperare almeno parte delle proprie spettanze, cioè di quello che si deve ricevere. Occorre che un legale intraprenda prima almeno un tentativo di recupero del credito (e ogni singolo caso deve essere valutato).

Nel paragrafo successivo si cercheranno di schematizzare le casistiche più frequenti.

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Da solo non sono riuscito a farmi pagare, che opzioni ho?

Attivarti immediatamente con il legale, che potrà adoperarsi (in base alla tipologia di caso e di spettanze) con lettera di messa in mora, decreto ingiuntivo, ricorso, ricorso per differenze retributive, istanza di fallimento, ecc...

Si possono riassumere in uno schema i vari aspetti e le fasi che devi considerare seriamente per tutelarti:

  1. Valutare l'avvio del tentativo di conciliazione: in caso di insoluti e mancati pagamenti della retribuzione, può essere opportuno chiedere quanto prima l'intervento della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL). La scelta non è obbligatoria ma è comunque gratuita e consente di ottenere l'esperimento di un tentativo di conciliazione presso la relativa commissione.
    Lo può attivare il medesimo lavoratore senza l'aiuto di soggetti esterni (non serve il sindacato) inviando all'ufficio della DTL una istanza (anche a mezzo PEC) di convocazione della Commissione di conciliazione: si possono trovare online alcuni esempi di lettera di convocazione da utilizzare per la richiesta. In alternativa puoi farti assistere dall'Avvocato.
    La DTL comunica poi al dipendente ed al datore di lavoro la data dell'incontro ove, se entrambe le parti si presentano (è facoltativo), viene cercato un accordo con l'aiuto della commissione.

    NOTA BENE: Qualora si pervenga ad una conciliazione, il verbale della commissione che ne da atto vale quale titolo esecutivo contro il datore di lavoro: se non venisse rispettato quanto ivi pattuito (ad esempio i termini della rateazione delle retribuzioni) potrà avvalersene per usarlo in sede esecutiva con la stessa efficacia di una sentenza definitiva.
  2. Valutare la richiesta di intervento degli ispettori: se hai intenzione di avviare un percorso "più aggressivo" verso il datore di lavoro, puoi domandare l'intervento della conciliazione monocratica: trattasi di conciliazione, analoga a quella precedente ma che ha come alternativa al mancato adempimento datoriale l'intervento degli ispettori del lavoro in verifica presso la ditta. L'eventuale ispezione potrà accertare le contestate violazioni delle prescrizioni giuslavoristiche e previdenziali da parte del datore di lavoro, con ogni conseguenza di legge.
    L'utilità di tale strumento è pari a quello dell'interesse del datore a non farsi sottopporre ad ispezione. I tempi di intervento si aggirano in qualche settimana (fino ad un paio di mesi, mediamente) per la convocazione della commissione a tempi ben più lunghi per l'eventuale ispezione (anche 6-12 mesi od oltre). E' un'opzione che va valutata con attenzione.
  3. Procedere giudizialmente: contatta l'Avvocato per avviare la causa o presentare il ricorso per ingiunzione (per avere un decreto ingiuntivo).
    Per tutelare i tuoi diritti e tentare di recuperare le Tue spettanze, via maestra - soprattutto se le strade bonarie non hanno dato risultati - è quella di agire giudizialmente.
    In questo uno dei fattori chiave è spesso il tempo: se si aspetta troppo, magari quando l'impresa è in crisi, in molti casi diventa tutto più difficile se non impossibile.

    Il lavoratore che abbia una prova scritta del proprio credito (ad esempio il cedolino paga) e non abbia fornito al datore una prova opposta (ad esempio la quietanza delle somme indicate nel medesimo cedolino, come sopra spiegato) può ottenere l'emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, avvalendosi di un avvocato. Si tratta di un procedimento speciale che in tempi brevi (massimo 1-2 mesi di solito, spesso meno) consente di ottenere un ordine di pagamento immediato nei confronti del datore di lavoro (il decreto ingiuntivo).
  4. Quando non ti pagano puoi avere l'indennità di disoccupazione con le dimissioni per giusta causa.
    Qualora il lavoratore non venga pagato ha diritto di dimettersi per giusta causa in qualsiasi momento, senza dare il preavviso. Le dimissioni causate dall'insoluto retributivo danno accesso al trattamento di disoccupazione con il versamento della correlata indennità da parte dell'INPS.
    Il dipendente deve però specificare nella lettera di dimissioni la "giusta causa" precisando il mancato pagamento della busta paga.

    Per evitare contestazioni, l'insoluto deve ammontare a più di 2 mensilità di retribuzione (o equivalenti omissioni contributive).
  5. Istanza di fallimento del datore di lavoro e fondo di garanzia INPS
    Accade che nonostante le richeste o il decreto ingiuntivo, il datore di lavoro non paghi, o per mancanza di risorse o perchè non ha alcuna volontà di pagare le retribuzioni insolute.

    In questi casi, cioè spesso i più gravi o in quelli in cui si sospetta che il datore di lavoro stia diventando completamente insolvente, occorre valutare di procedere con la presentazione di apposita istanza di fallimento. Con questa, in sostanza, il dipendente (tramite un avvocato) chiede che il Tribunale dichiari lo stato di insolvenza ed avvi una procedura fallimentare a carico della parte datoriale. Tale richiesta resta nella disponibilità del dipendente e può essere ritirata se il datore provvede a saldare quanto a debito. Spesso questo passo diventa quindi un ottimo mezzo per "convincere" il datore di lavoro, magari restio, a pagare o a trattare.

    Un'ulteriore tutela per il dipendente è prevista in caso di dichiarazione di fallimento (altro motivo per presentare l'istanza): anche se i tempi non sono brevi, infatti, se il dipendente viene ammesso al passivo fallimentare (attraverso apposita domanda, direttamente o tramite avvocato) il dipendente potrà chiedere il sostegno del Fondo di Garanzia dell'INPS che verserà al lavoratore gli ultimi tre stipendi e il TFR, evitando quindi il rischio di perdere tutto. E il resto potrà essere pagato nei modi e nei limiti delle disponibilità della procedura fallimentare.

Ovviamente tutte queste procedure presentano complicazioni, dettagi e tecnicismi e sono qui esposte solo a titolo informativo, per rendere l'idea. Se hai problematiche di questo tipo è fondamentale chiedere consiglio ad un legale.

Qui potete trovare altri spunti utili e consigli.

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Quali sono le tempistiche di attesa prima di un risultato?

Varie, in base alle scelte e alle procedure. Si può andare da pochi giorni ad 1-2 mesi in caso di adempimento spontaneo dopo la prima lettera del legale e/o dopo la notifica del primo atto giudiziario (es. Decreto ingiuntivo o ricorso ex art. 414 cpc) a parecchi mesi o ben oltre nei casi di attivazione di procedure volte al recupero coattivo (es. procedure esecutive) a parecchi mesi quando serve presentare istanza di fallimento, insinuazione al passivo e/o domanda allo Stato (da vedere poi man mano e caso per caso).

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Quanto mi costa tutto questo?

L'analisi preliminare da parte nostra è senza impegno e gratuita. A seguito di questa verrà sottoposto dal Legale di Nostra fiducia e che Ti indicheremo un preventivo che, tenendo conto del caso e della situazione, potrà prevedere anche compensi per obiettivi (ex art. 25 CDF) o senza anticipazioni (ex art. 93 cpc) operando in regime di antistatario (cioè con il recupero coattivo delle eventuali spese di lite direttamente da controparte). In pratica senza rischi, se non quello di provarci!

Precisando che occorre sempre la valutazione preliminare e preventiva, in caso di crediti di lavoro conviene attivarsi in fretta per valutare accuratamente tutte le opzioni ed è bene tenere presente che ci sono diversi casi in cui interviene lo Stato (nota bene: questo non significa che questa procedura si possa applicare anche al tuo caso, contattaci per una prima valutazione, come già detto senza alcun impegno né spesa).

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Quali sono i documenti necessari per iniziare?

Per dare una prima valutazione del Tuo caso, bastano pochi documenti:

  • Tuoi dati e copia carta d'identità (Perchè? Per avere indicazione che chi manda i documenti ne sia l'effettivo titolare);
  • buste paga non pagate e contratto di lavoro (o altri documenti, se presenti);
  • indicazione dati del datore di lavoro (nominativo, luogo, breve descrizione, eventuali notizie su crisi aziendali o simili).

Tutti i dati e documenti verranno ricevuti ed utilizzati nel rispetto delle norme sul trattamento dei dati ed eliminati se dopo la valutazione preliminare e preventivo deciderai di non conferire l'incarico (cioè di non proseguire).

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